domenica 14 ottobre 2012

Tema : Chiedi alla polvere (Mi sento designificato 4)

Kigali. È una città piena di contrasti e di forti silenzi. Se si cammina in alcuni quartieri sembra la versione low cost di Hollywood.
Case bianche ben allineate, siepi curate. La gente deve avere dei fiori fuori di casa e riciclare. L’esercito è per le strade si insedia per stabilire la pace. Ci sono i grattacieli in centro, le banche i centri commerciali. Quello che è abbastanza per farti sentire ricco e privilegiato quando strisci una carta di credito per un euro e dieci buste di spesa.
Spesso immagino come potrebbe essere la mia vita in una di queste ville bianche alienate, con dei docili domestici ai miei ordini pronti a pulire rassettare a ogni mia esigenza: sarebbe una specie di mondo alla Artwood.

La strada principale è asfalto, scendo alcuni metri e le case si sostituiscono lamiere coca cola. Il campo da calcio verde, la chiesa tutto in lontano. 
Irene:«cosa ne dici se andiamo a vedere la moschea?» Colata di cemento vede con cupola bianca, solo il muezzin ci salva. È il tramonto la città si riempie di voci preghiere di ogni sorta. Ancora le tempie non conoscono la brezza.
adeprer lo spirito dei pentecostali scende sugli antropologi.
Irene scendiamo ci sono i pentecostali la.

Ok va bene ci sto.
Muzumba muzumba i piedi affondano nella terra rossa, pian piano si confondono con il fango. Piccoli bambini mischiati a galline li assalgono, sono arrivati i bianchi ci portano i soldi , bianco dammi una banana. Bianco dammi 1 un franco. I bianchi in vacanza si scuotono la poltiglia e avanzano fra le lamiere. Scarichi a cielo aperto vince la polvere e le mosche sono ovunque. Gli abitanti delle lamierie li fissano, Marco impugna la reflex e fotografa i loro sguardi.
Fra le baracche se ne distingue una più grande è la chiesa pentecostale,
M: possiamo parlare con i pastore?
I: e gli parli ancora in francese a questi, sanno solo il bantu fra le baracche.
M: dai nn li stigmatizzare così.
I: ho c’è la wifi, cristo santo li ho alle calcagna, le bambine mi toccano
Muzumba
Irene si toglie il cappello per il caldo. I bambini le toccano i capelli.

I capelli dei bianchi,lisci vellutati chiari non crespi. 
Tutto il villaggio si mette in fila.
Per toccarle i capelli. Bianchi belli ricchi. Le mani si incuneano.

Marco dove è il pastore?
Che schifo mi toccherà anche lavarmi, questi neri mi passano le malattie poi sento già  le mosche che si attaccano voglio una coca.
E il pastore dove è?
Irene porta pazienza.

Eccolo li, ha la croce.
Venite alla messa domani. 
Ma possiamo filmare e fotografare? 
Certo Trovatevi qua per le nove. 

Non vedo l’ora di farmi la doccia.
Dove andiamo?
Chiedi alla polvere.



Irene Dorigotti

5 commenti:

  1. Polvere, rossa, fango e capelli. Capelli bianchi, ricchi, lisci, non crespi...Forse non è il massimo, ma vedere i loro occhi mentre lisciano i capelli bianchi, ricchi, lisci, non crespi...Uao.
    Fotografare il loro sguardo, e incassare l'amaro di non poter dare loro anche quelli. E poi via. Via.
    Bellissima scrittura come sempre...io sto pensando al mio number two

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  2. La prima volta che lo lessi,rimasi colpita dal fatto che ti toccassero i capelli come fossero un oggetto prezioso mai visto.

    Mi hai impolverata come al solito!Brava Dorigatto!

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  3. Invece a me convince molto sia la polevere sia lo stupore. Un bell'esempio di show don't tell che dovrebbe fare un po' più scuola...
    Grande Irene
    Manubirba

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  4. ho letto, e sebbene abbia mi sia fatto una doccia meno di mezz'ora fa, mi sono sentito sporco....potenza della scrittura doringottiana....
    GD

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  5. Pungente al punto giusto, mi ha ricordato qualcosa che nella mia vita è e sarà per sempre un punto del corpo che quando lo si tocca mi ricorda che sono vivo, con tutti gli annessi e connessi. Che palle! :)

    Complimenti, m'è piaciuto assai.

    Fante, un altro libro da leggere che conoscevo e non ho avuto il piacere di spolpare.

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